A Constant Migration 
Punck:A Constant Migration [between reality and fiction]


REVIEWS:



Massimiliano Osini, Rockit

E' stata una bella sorpresa ricevere questo cd. Primo, perche Adriano Zanni, in arte Punck, è uno dei più interessanti "pittori sonori" italiani in ambito elettronico, come avevo già avuto modo di constatare ascoltando e recensendo il suo precedente e ottimo "Nowhere Campfire Tapes" (Ctrl+Alt+Canc, 2005). Secondo, perché il booklet, oltre ad essere splendido di per sé, porta il nome di una prestigiosa etichetta straniera, per la precisione la portoghese Creative Sources Recordings (http://www.creativesourcesrec.com), gestita da Ernesto Rodrigues e specializzata in musica elettronica sperimentale.
Passata la sorpresa è iniziato l'ascolto. Qualcuno bussa alla porta, una voce di donna, versi di animali, rumori imprecisati in sottofondo… Quindi inizia la musica, che musica non è, quanto piuttosto un miscuglio denso di fruscii, droni, ronzii, un continuum al tempo stesso denso e rarefatto che si protrae brano dopo brano con minime variazioni. Queste sono date da suoni della natura, reperti concreti che traspaiono dal buio di tanto in tanto per testimoniare una parvenza di vita. Un cane guaisce, passa un'automobile, soffia il vento, il tutto in modo discreto, ma anche dannatamente espressivo, un ossimoro che in pochi riescono a rendere in modo efficace.
"A Constant Migration" è uno di quei dischi che vive di una contraddizione: da un lato non è musica da ascoltare (piuttosto da sentire), ma solo ascoltandola attentamente se ne riesce ad apprezzare il valore. Il merito va senz'altro a Punck, la cui lunga esperienza nel campo gli dà modo di rendere organica e vitale una materia quale la musica ambient (e/o industriale e/o elettroacustica) che normalmente soffre di tedio e staticità. Probabilmente una parte del merito va anche a Hue e al suo lavoro in fase di editing e mastering, pratiche queste che nel genere sono tutt'altro che formalità. Sia come sia, "A Constant Migration" si rivela un disco tra i più apprezzabili del 2006 in ambito elettronico sperimentale, anche in rapporto a quanto pubblicato all'estero da musicisti molto più famosi e quotati. (06-02-2007)

 


 
Eugenio Maggi,
Chain DLK

I truly feel awful for reviewing Punck's last year full length only now, also because it's been in constant rotation (...) in my stereo for all these months. Life problems and taking one's time eventually lead to these disasters... "A Constant Migration" is surely the best and most mature release of Adriano Zanni's as of yet - following the wake of his previous "Nowhere Campfire Tapes", but taking his soundscapes to a higher level (and that was a good album, mind it). I suppose that playing live sets has contributed to refine his tecniques and give a smoother, more organic feel to his compositions. As usual, Zanni uses "laptop, field recordings, found sound and sampling", and the result can be compared to the works of Seth Nehil, jgrznich, Dave Lloyd and mnortham. Highly refined concrete music where natural and electronic sounds are stretched and layered into drones, or scattered around as in an improvised session (which could explain why this has been released on Creative Sources). Zanni's audio-trip stands out from similar ones for the warmer, more emotional (existentialist, I wrote about his previous cd) approach to soundmaking, here leading to the breathtaking closure of "Hagakure [II, 105]", a powerful high-end drone streaked by bowed strings. This cd was mastered by Hue (Sparkle in Grey), which totally makes sense: take it as a comrade to "Un'estate senza pioggia", at least in terms of attitude.

 


Mike Barnes
,
The Wire

Punck is the alias of italian electroacoustic composer Adriano Zanni.
But rather than appearing remote and aloof, his work has a poetry about it. The album’s title and the cover photos of crepuscular urban riverscapes – by Zanni himself – mirror the music’s slow flow from one idea to another. Zanni uses laptop, field recordings, found sounds and sampling to deft effect. Beginning with an opening door, the 19 minute “A Constant Migration” then presents a sound like air rushing though a pipe. This is oddly comforting, like hearing the wind outside within a warm room. Throughout, field recordings appear as cryptic activity outside the main body of sound. On “From Belleville to Ravenna” (the latter being Zanni’s Hometown) his presentation of mundane sounds – whimpering dog – kitchen activity – rather break the spell. It also sounds like there’s someone
or something eating – maybe the dog? At this point it recalls the audio verite’ of “Alan’s Psychedelic Breakfast”, Pink Floyd infamous filler on Atom Heart Mother. This segues into car noise, and while vaporous sounds being seeping in the background, it isn’t the most interesting section of the recordd. After this brief interlude, “Hagakure (II,105)” forms out of thin air. Zanni uses some super high frequencies, which I could hear quit cleary from another room, even when played at a low level. You can only wonder what the might be doing to the listener cerebral cortex.

 

 
Marco Carcasi,
Kathodic


Quello di Punck è un silente schiumar rabbioso, impressionante dimostrazione di talento ascensionale; intransigente visione espressiva.
Originale assemblaggio materico che all'apparenza può risultar semplice; ma è materia che ti scava le ossa questa.
Sottilissima capacità comunicativa quella sviluppata, anni trascorsi ad affinar un talento compositivo ammirevole, Adriano Zanni si è volontariamente posto fuori dal cerchio, un isolamento caparbio, fiero e passionale dal quale è germogliato questo importante “A Costant Migration...”.
Punck a partire da “Mu” del 2002 si è sempre caratterizzato per una concretezza espressiva raramente riscontrata in tanti altri sperimentatori nostrani (ma in questo caso il nostrano calza veramente stretto...), un'ascesa appassionante dicevo, ogni lavoro un tassello aggiuntivo per un puzzle entusiasmante, tutto un gioco continuo di sottrazione, una visione acusmatica che brilla per snellezza ed aerodinamico profilo; inquietante verrebbe quasi voglia di definirlo.
“Mu” era l'alba, nel bene e nel male, livido e rabbiosamente contratto, dentro il disagio era evidente, non si poteva ignorare, il successivo “A Movie Without Images” del 2004 rilanciava quella formula diluendola subdolamente per sottrazione appunto, improvvisamente l'isolazionismo mutava in vero e proprio paesaggio spinale di ballardiana memoria; ma lo scarto decisivo avviene con il successivo e splendido “Nowhere Campfire Tapes” del 2005.
Uno stralunato girovagare lungo i bordi di un paesaggio innevato al crepuscolo, un groviglio inestricabile di pensieri ed azioni; una rivendicazione/dichiarazione del proprio status di abbacinante e tormentosa bellezza.

In qualche maniera, uno spartiacque, il commiato/superamento di un particolare fenomeno espressivo raggrumatosi intorno a certo astrattismo industriale (molto ottanta) intriso di ingenua (splendida in molti casi...) ricerca povera e velocemente scolorito in un vero e proprio; incubo freak esotico/industriale.
L'ambient di Punck si è scrollata di dosso quel residuo fisso ingombrante, strada facendo ha integrato suggestioni riconducibili alla scuola concretista francese ed alla musica per film vera e propria; si è fatta snella e senza tempo.
Logico che a questo punto qualcuno dovesse per forza di cose accorgersi del duro lavoro svolto negli anni da Adriano, ci pensa allora la prestigiosa etichetta portoghese experimental Creative Sources ad editare questo cd da inserire prepotentemente fra le migliori uscite dell'anno in chiusura.
Copertina splendida, screzi metallici su acque apparentemente tranquille, un incendio interiore, un filo di suono falsamente sottile che ti avviluppa l'anima come pochi altri a livello mondiale (l'ho detto finalmente, evvai!!!), la sensazione d'estasi al contrario che trasmette è unica; all'improvviso ho capito!
Punck è un dinosauro, di quelli con una bella cresta sulla schiena, irta di squame verdognole e denti lunghi ed aguzzi, quando te lo ritrovi davanti capisci, stai ammirando la bellezza dell'ultimo esemplare, sopravvissuto a se stesso, circospetto e risoluto; la bellezza dell'essere.
Solo un'onda impetuosa di parole mute e poesia visiva per l'orecchio e poi ancora; vita in tutte le sue dolorose rappresentazioni.
Vita, ed ancor di più; vita.
Adriano; io ti ringrazio di aver realizzato questo lavoro.
Semplicemente disco dell'anno.




Dioniso Capuano, Blow Up

[vd. riquadro qui a sinistra]

http://www.blowupmagazine.com/




Dan Burton,
Paris Transatlantic


This reminds me of the strange French habit of spelling "steak" with an extra "c": "steack" (they do the same with Franck, don't ask me why). There's nothing punk about Adriano Zanni's music though; instead of taking out that "c" you might want to remove the "n": this is more Puck, Midsummer Night's Dream rather than Never Mind The Bollocks, evocative and superbly crafted music for laptop and field recordings. It's also, unless I'm very much mistaken, pretty much composed – if Zanni can produce this kind of stuff live I want to see him – which I suppose also raises the question as to why it's on an improv label like Creative Sources (wouldn't it attract a little more attention if it were on Bowindo, I wonder?).

The six tracks follow each other without a break, from the cavernous slightly disturbing percussive rattles of the two opening tracks to the strange atmospherics of "44°25'37N 12°34'28 E" (that had me looking for a Fennesz connection, but a Google search for the precise co-ordinates only got me as far as an Italian astrology website, but I think it's somewhere in or near Genoa.. maybe someone will enlighten me) to the distant police cars and barking dogs in "From Belleville to Ravenna" and the exquisite chill of the closing "Hagakure (II, 105)". Wherever and whatever it is, A Constant Migration is worth checking out.




Antonello Comunale, SentireAscoltare

Che siano le estati senza pioggia di Hue, le memorie che fanno rumore di Kinetix, le dediche ad Alan Lomax di Fabio Orsi, o ancora le musiche dei vari Ielasi, Rinaldi, De Gennaro, Borrelli e i regali ad Etero Genio, la scena italiana dell’elettronica di ricerca e dell’elettroacustica di frontiera è ormai una realtà solida, tangibile, personale, appassionante. Adriano Zanni, Punck, fa parte di tutto questo. Da un lato distribuisce suoni altrui attraverso la meritoria net-label Ctrl+alt+canc, dall’altro – ed è la parte che ci interessa ora – crea in proprio ricercatissimi lavori di creativa ambient music.

Approdato per l’occasione sulla portoghese Creative Sources, per il suo secondo disco Punck trova un’intestazione quanto mai calzante. Perché di questo si tratta: migrazioni costanti tra la realtà e la finzione. Un titolo che parrebbe perfetto per un’ode alla sala cinematografica e che per la natura stessa dell’operazione traduce perfettamente la suggestione primaria di questi luoghi e di come questi luoghi “suonano”.

Le costruzioni di Punck sono assemblate con elementi variabili di elettroacustica, microwaves, concretismi, drones. Nei vuoti abissali di A Constant Migration, Passaggi, percorsi, aperture o ancora della splendida Hagakure (II, 105) , l’ascolto diventa un avventuroso percorso con la benda sugli occhi. Una tappa silenziosa per tastare la realtà delle cose e tradurre con la nostra coscienza quello che crediamo di intendere. L’ascolto acusmatico di cui parlavano i teorici della musica concreta e che concentra l’attenzione sulla natura primaria del suono, vede qui una delle sue rappresentazioni più brillanti. L’abbaiare di un cane, un sospiro femminile, il dialogo di un film, un cinguettio, dei gabbiani, e mille altri dettagli dialogano con la “voce narrativa” del laptop per creare una realtà virtuale impenetrabile, che tende a nascondersi e a rivelarsi piano piano, timidamente.

Quando tutto questo viene assemblato al meglio, Punck non ha nulla da invidiare a più celebrati esteti del suono come Loren Chasse e Steve Roden, mentre il mastering di Hue enfatizza un retrogusto per certa  dark ambient di matrice industriale, dando un tono particolarmente metropolitano al disco. All’interno del cd, una dedica: “Dedicato a chi ha viaggiato con me verso il centro dell’universo”. A chi ha viaggiato e a chi viaggerà avendo questa colonna sonora.

(7.4/10)




Mattia Paneroni,
Ondarock

Bussano alla porta. Una voce femminile, secca e decisa, afferma di essere giunta per aiutare un indefinito interlocutore. Tra i rumori di fondo, un ringraziamento, un sospiro e il viaggio ha inizio: "A Constant Migration (Between Reality And Fiction)" è il biglietto che ci permetterà di scorgere una nuova dimensione, situata “tra la realtà e la finzione” al centro dell’universo.

La proposta del ravennate Adriano Zanni giunge infatti come un’ipotetica anamorfosi musicale, volta a dilatare il suono della natura fino a donargli sembianze inedite e profondamente suggestive. Il laptop di Punck [ moniker utilizzato da Zanni per il lavoro de quo e altri, tra cui la precedente autoproduzione: il riuscito e incodificabile "Nowhere Campfire Tapes" (Ctrl+Alt+Canc, 2005)] traccia rotte immaginarie d’infinita bellezza utilizzando come riferimento il minimalismo elettroacustico e, come sestante, quella musica concreta teorizzata negli anni Venti dal tedesco Walter Ruttmann che, conferendo dignità musicale al rumore urbano, generò una delle più innovative intuizioni artistiche del secolo scorso. Il mugolio di un cane, il rumore del passaggio di un’automobile sopra una strada ghiaiosa e poco trafficata, il vento assolvono qui alla funzione di strumenti atti a interpretare evanescenti partiture di rara intensità emotiva.

"A Constant Migration (Between Reality And Fiction)" si dipana alle orecchie dell’ascoltatore quasi fosse un ossimoro tecnologico rappresentante un elogio della discrezione espresso, paradossamente, attraverso quanto di più invadente esista oggi: il computer. La successione degli elementi costitutivi l’insieme, infatti, è amabilmente armonica e sacrifica a un ascolto gratificante l’usuale autismo espressivo riscontrabile nelle produzioni ottenute tramite l’impiego di strumentazione analogica. Discrezione e armonia che, tuttavia, privano la "musica d'ambiente" del proprio significato primordiale di mero "sottofondo" per definire una nuova, avvincente esperienza caratterizzata da una passione sanguigna, pulsante e da un'inusitata imprevedibilità.

Pubblicato per la prestigiosa etichetta Creative Sources del portoghese Ernesto Rodrigues, si colloca ai vertici della moderna produzione musicale avanguardistica italiana (che, non dimentichiamolo, non ha nulla da invidiare a quella di musicisti stranieri pluridecorati e blasonati dalla nostra indefettibile esterofilia) e ne rappresenta uno dei fiori all’occhiello.



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Frans De Waard, Vital Weekly

The last release [of the 10 Creative Sources label CD issues of Autumn 2006] might be a bit of a surprise, since Adriano Zanni, also known as Punck, is not exactly the man I would expect on this all improvisation label. So far his releases were all stuck in the microsound corner, but perhaps he's opening new territories. Zanni uses laptop, field recordings, found sound and sampling to create his music. It proofs indeed to be the odd ball of this batch of his releases, even when the first track sound like an improvised affair. Zanni finely waves field recordings together with sounds recorded from objects and such like. Improvisation seems far away on this release, which is still along the lines of microsound and found it's influences in the work of Roel Meelkop or Richard Chartier. On a totally different, but the best of all.

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